Maya Sansa: «In tv racconto la storia di un mistero»

 

L’attrice è coprotagonista con Alessandro Gassmann della nuova serie «Io ti cercherò» con la regia di Gianluca Tavarelli. Coproduzione Rai Fiction e Publispei

di Emilia Costantini

Un ragazzo, Ettore, figlio di un ex poliziotto, viene ucciso in circostanze misteriose. Il suo omicidio viene fatto passare per suicidio e archiviato. Il padre, Valerio, decide di indagare su quella morte inspiegabile, sollecitato soprattutto da Sara, vice questore, sua ex collega ed ex amante, che ha capito per prima le incongruenze emerse dall’indagine. «Io ti cercherò» è la nuova serie tv in 4 serate, dal 5 ottobre alle 21,25 su Rai1, coprodotta da Rai Fiction e Publispei, con la regia di Gianluca Tavarelli. Protagonisti Alessandro Gassmann e Maya Sansa, con Luigi Fedele nel ruolo del giovane assassinato.
«Sara è una donna che nasconde tanti dolori – esordisce Sansa – L’amore clandestino con Valerio, che essendo entrambi sposati con altri ha dovuto essere interrotto. Il suo matrimonio in crisi: ha un marito violento, che lei subisce per salvaguardare la serenità della famiglia, un errore che commettono tante donne. E poi il dolore per la morte di quel ragazzo che ha visto crescere e al quale era affezionata in senso quasi materno».

 
Anche nel film Lasciami andare, presentato alla recente Mostra di Venezia, lei interpreta una madre, Clara, ex moglie di Marco (Stefano Accorsi), che ha perso il suo bambino.
«Sì, stranamente è una storia analoga e infatti, quando lessi la sceneggiatura, mi sono posta il problema di dovermi confrontare, di nuovo, con la morte di un figlio».

 

E lei è madre della piccola Talitha…
«Per fortuna, quando si recita un ruolo doloroso, al cinema, in teatro o in tv, superi il problema in modo catartico: recitare ti permette di mantenere le distanze. Una pratica che ho imparato sin dalle mie prime esperienze».

 

Iniziate da giovanissima: a 14 anni ha cominciato a studiare teatro a Roma, a 18 se n’è andata a Londra, alla prestigiosa Guidhall school of music and drama.
«Non so come sono riuscita a entrare in quella scuola. Ero andata in Inghilterra per imparare l’inglese e mi ero trovata un lavoretto da mascherina in una sala cinematografica: vedere i film a ripetizione, ovviamente in lingua, era perfetto per migliorare la mia pronuncia. Poi accade il miracolo: su mille concorrenti, fummo presi in 24 alla Guidhall».

 

Poi esordisce nel cinema d’autore con Marco Bellocchio. Un secondo miracolo?
«Assolutamente sì! Venni convocata per un provino relativo al film La balia, lo superai e venni scritturata. In seguito ho lavorato spesso con lui. Il più grande insegnamento di Marco? Sul set ci ripeteva: “per favore, sbagliate! sbagliate!”. L’errore ti costringe a rimetterti sempre in gioco, a non dare nulla per scontato, non devi temere di essere bocciato, altrimenti non ti senti libero e non puoi migliorare. Invece, se un regista, al primo ciack, ti dice che sei perfetto, non fai un buon lavoro, non resti in ascolto e ti allontani dalla verità della storia che stai interpretando».ù

 

Un altro maestro, Marco Tullio Giordana?
«Mentre giravamo La meglio gioventù, lui, addirittura, ci toglieva il copione dalle mani, incitandoci a non seguire pedissequamente le battute scritte, ma a inventare. Carlo Mazzacurati, poi, era un poeta romantico, mi commuoveva lavorare con lui: era senza pregiudizi, senza filtri».

 

Tutti registi uomini. E con le registe come si è trovata?
«Non si può fare una questione di genere, ma forse una differenza esiste. A prescindere da Liliana Cavani, con lei sul set era una passeggiata perché nessuno si permetteva di contraddirla, con altre ho notato che devono lottare di più per essere ascoltate dalla produzione, dalle maestranze, dal cast stesso: una mancanza di rispetto nei loro confronti non sempre nascosta, quindi sono meno rilassate».

 

Lei vive da molti anni, con il suo compagno attore Fabrice Scott e con vostra figlia a Parigi: una città attualmente blindata dal Covid.
«Oggi (ieri per chi legge ndr) compio 45 anni e non posso nemmeno fare un brindisi con gli amici. Sì, qui si vivono giorni davvero molto complicati».

Fonte: Corriere della Sera (25 Settembre 2020)